Usa, studio rivela: l’Apple Watch può «predire» il coronavirus fino a una settimana prima dei tamponi

Lo afferma una ricerca del Mount Sinai Health System pubblicata sul Journal of Medical Internet Research. L’indicatore chiave è la variabilità della frequenza cardiaca. I dettagli

Usa, studio rivela: l'Apple Watch può «predire» il coronavirus fino a una settimana prima dei tamponi

L’indicatore chiave del dispositivo

Come si legge nel paper, la ricerca – del tutto indipendente da Cupertino – è stata condotta su 297 operatori sanitari che hanno indossato un Apple Watch Series 4 o Series 5 tra il 29 aprile e il 29 settembre. A tutti è stato chiesto di compilare un sondaggio giornaliero sul proprio stato di salute per tenere traccia dell’insorgere di eventuali sintomi, e come prevedibile alcuni di essi (13, per la precisione) sono risultati positivi al virus proprio nel periodo di osservazione. Ebbene, una volta incrociati i dati dei loro Apple Watch con quelli dei partecipanti rimasti negativi, ad attirare l’attenzione dei ricercatori è stato un indicatore su tutti: quello relativo alla variabilità della frequenza cardiaca (ossia il tempo che intercorre tra un battito e l’altro, metrica chiave per valutare il buono o cattivo funzionamento del sistema nervoso). Questo perché i valori dei soggetti positivi si sono dimostrati significativamente inferiori rispetto a quelli dei negativi. Un esito effettivamente in linea con le conseguenze del Covid-19: «Sapevamo già che i marker di variabilità della frequenza cardiaca cambiano quando un’infiammazione si sviluppa nel corpo – ha spiegato alla Cbs Rob Hirten –, e il Covid è un evento incredibilmente infiammatorio. Questo ci permette di inferire che le persone sono infette prima ancora che lo sappiano».

L’allerta fino a 7 giorni prima della conferma del contagio

A ben vedere, proprio quest’ultimo è il punto più sorprendente dello studio. Come accennato, infatti, «cambiamenti significativi» nella variabilità della frequenza cardiaca sono stati registrati «fino a 7 giorni prima» dell’effettiva conferma del contagio da parte dei tamponi, che rilevano il virus soltanto dopo alcuni giorni dall’infezione. Ciò significa che pur limitandosi a «predire» (non certo a rilevare) la presenza del Sars-CoV-2 nel corpo dell’utente, gli Apple Watch possono risultare un prezioso alleato per far sì che individui potenzialmente positivi adottino tutte le cautele necessarie a non diffondere il patogeno. In aggiunta, la ricerca ha anche rivelato che la variabilità della frequenza cardiaca dei partecipanti infetti si è normalizzata piuttosto rapidamente dopo la diagnosi, tornando nei consueti limiti nel giro di una-due settimane dopo i test molecolari.

Il precedente di Stanford

Non è la prima volta che la scienza mette in luce come gli smartwatch possano giocare un ruolo importante nel contrasto al Covid-19. Già a novembre, infatti, cambiamenti precoci nella frequenza cardiaca di soggetti poi dimostratisi positivi erano stati segnalati anche da uno studio dell’Università di Stanford pubblicato su Nature Biomedical Engineering. In quel caso, oltre agli Apple Watch, erano stati impiegati anche tracker di Garmin, Fitbit e di altri marchi del settore. I risultati erano stati altrettanto degni di attenzione, in quanto l’81% dei contagiati aveva manifestato modifiche nella frequenza cardiaca fino a nove giorni e mezzo prima della comparsa dei sintomi. Sarà ora compito degli esperti, e in particolare delle aziende produttrici, capire in che modo abilitare il singolo utente ad accorgersi dei cambiamenti «sospetti» in piena autonomia. Solo in questo modo tali evidenze potranno apportare concreti benefici nel mondo reale.

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